La Mala è una donna, un’assassina, nata nel mar ligure che tenta di ricomporre i pezzi della propria umanità. Lo fa attraverso un linguaggio verbale (passando dal dialetto fino a trasformarlo e perderlo) e sensoriale. Il linguaggio è in fondo ciò che fa struttura per l’essere umano. E’ qualcosa che ci permette di determinare le nostre relazioni. Il nome “Mala” viene, infatti, da “mae” che in ligure significa “mare”, ma anche “male”. Con questi doppi significati la donna ha una relazione profonda. Il mare è il suo luogo di origine. Il male è l’oscurità che si porta dentro. Che ogni essere umano si porta dentro. La Mala s’interroga, attraverso lo sguardo dello spettatore, sull’eterno paradigma della vita: il rapporto con la violenza, con l’amore, con la morte e con l’arte. Quante volte siamo gli assassini delle nostre speranze, desideri, paure? Quante volte soffochiamo i nostri lati oscuri incapaci di accettarli? Paradossalmente ammazzare diventa nello spettacolo un’azione d’amore, un atto creativo. “Chi guarda” si ritrova nell'epicentro di una storia, di un vortice di violenza e amore dove, sospeso tra grida e momenti di silenzio, trova l'opportunità di afferrare il movimento e la ciclicità della vita, che nel quotidiano spesso ci sfugge.
"L'arte è ciò che vi permette di voltarvi indietro e di rivedere Sodoma e Gomorra senza morire." Jean-Luc Godard
Scritto e interpretato da: Annalisa Falché