Esse lunga di padron Caprotti, diritti dei lavoratori molto corti
di Manuela Cartosio
su Il Manifesto del 05/12/2007
In Lombardia e Toscana
campagna per i diritti alla Esselunga. Prossime tappe, le altre catene
della gdo. «Coop comprese», promettono i sindacati
La porta di un gabinetto
«modello miraggio», perchè anche la pausa pipì «bisogna meritarsela».
La valigia «modello trasferta», consigliata ai dipendenti che
partecipano alle iniziative sindacali. L'orologio «modello sempre
disponibili», in dotazione a tutti i lavoratori. La sbilancia «modello
dispari opportunità», perché per le donne tutto è più difficile. Sono
alcune delle immagini della campagna «Se la Esse è lunga i diritti sono
corti», lanciata ieri in Lombardia (e in Toscana) dai sindacati del
commercio Filcams, Fisascat e Uiltucs.
Una campagna a tappeto fatta
di manifesti, depliant, sacchetti della spesa, spot radiofonici,
presìdi davanti ai punti vendita. «Che comincia con Esselunga e
proseguirà nelle altre catene della grande distribuzione e, se ci
riusciremo, anche nella piccola», premette Renato Losio, segretario
della Filcams Cgil lombarda. Premessa d'obbligo per fugare la maligna
insinuazione che il sindacato spalleggi le Coop nella guerra con
Bernardo Caprotti (il padre-padrone di Esselunga, autore con Geminello
Alvi di Falce e carrello). Si inizia da Esselunga perché oltre la metà
dei suoi 120 punti vendita e dei 17 mila dipendenti si concentra in
Lombardia. Perchè il modello Caprotti, pugno di ferro senza guanto di
velluto, un mix di caserma e istituzione totale, «ha fatto scuola e fa
tendenza».
Obiettivo della campagna far conoscere «la quotidianità»,
le condizioni di lavoro nella grande distribuzione. La fragilità e la
ricattabilità di precari e assunti a part time - lo sono il 70% dei
dipendenti Esselunga - rende tutti più deboli, compreso il 30% di
lavoratori «normali». «Quando esco di casa mi metto l'elmetto»,
racconta Antonella Micca, 37 anni di anzianità all'Esselunga. E' molto
arrabbiata perché i nuovi turni penalizzano le donne: sono costrette a
lavorare sempre al pomeriggio, chi ha figli che escono da scuola deve
prendere la baby sitter. C'è una logica in questo dispetto, spiega il
segretario della Uiltucs Gazzo: «Tenere alte le dimissioni spontanee
tra le donne, le vogliono giovani, fresche e scattanti». In Esselunga,
«guai ad alzarzi dalla cassa». Nel gruppo Bennet, «proibito sedersi».
Scuole ergonomiche diverse? «Macché, puro esercizio di comando». Un
comando sempre «maschile». La formula Esselunga è semplice: rigidità
assoluta al vertice, tutti gli altri devono adattarsi. «Questa è
un'azienda che non ti consegna nemmeno i bilanci. Chiedi informazioni e
scrivono due numeri su un pezzo di carta da droghiere». Partecipare
alle assemblee sindacali - figuriamoci agli scioperi - è un lusso che
si paga (come minimo in permessi negati). Alcuni chiedono che la quota
d'iscrizione al sindacato non venga detratta in busta paga, «così
l'azienda non lo sa». Ciononostante i tesserati sono in crescita,
afferma Losio, e tanti giovani delegati pur in condizioni difficili
riescono a conquistare consenso.
Il part time è uno dei principali
strumenti per esercitare il comando. Con 500 euro al mese non si campa
(e neppure con gli 800 che prende un neoassunto a tempo pieno). Per
arrivare a mille servono tante ore «supplementari» (cioè di
straordinario). Negarle a chi ne ha bisogno come il pane è un'arma di
ricatto. Oltre a informare sul presente la campagna dei sindacati ha
l'ambizione di porre un interrogativo sul futuro: «Che idea del mondo e
della società possono avere ragazzi e ragazze costretti a lavorare in
un posto dove vengono richieste soltanto obbedienza e disponibilità,
dove l'unico bene è quello dell'azienda?»
La campagna «Esselunga
diritti corti» cade alla vigilia del rinnovo del contratto aziendale.
Le trattative per il rinnovo di quello nazionale sono interrotte,
nonostante la modica richiesta d'aumento (78 euro). Vanno avanti solo
con le Coop. Ma anche con loro ci sarà da rinnovare l'integrativo. «E
non faremo sconti», promettono i sindacati di categoria lombardi
lasciando intendere che il modello Esselunga ha fatto breccia anche
nella grande distribuzione cooperativa. Solo Caprotti si ostina a
definirla «rossa». Vada a leggersi sull'ultimo numero di Rassegna
sindacale, il settimanale della Cgil, l'articolo sulle Coop che
vogliono imporre, oltre al salario d'ingresso, il salario individuale
di merito. Il titolo dice tutto: «L'isola che non c'è più».