Quando si parla di prostituzione, e più in generale di lavori collegati al sesso, sembra che chiunque abbia una propria opinione in merito, e spesso una “soluzione” per risolvere il “problema”.
Peccato che non vengano quasi mai interpellat* le/gli dirett* interessat*: le loro difficoltà, le loro esigenze, le loro proposte.
“Prostitute in rivolta”, scritto nel 2018 da Molly Smith e Juno Mac, due sex workers britanniche, e finalmente tradotto in italiano, tenta di colmare questa lacuna e dare voce alle istanze del movimento al di là dei facili romanticismi - la prostituta buona, che lo fa per passione e con sincero trasporto affettivo - o delle altrettanto facili condanne - l’untrice, la persona infetta, colei che si è corrotta e che non può fare altro che corrompere gli altri. Le autrici mostrano come questa dicotomia sia assolutamente lontana dal reale e dannosa per l’immaginario collettivo.
“Le sex worker chiedono che venga riconosciuta la loro facoltà di mostrare le difficoltà del proprio lavoro, ed essere ritenute ugualmente delle lavoratrici. Non è necessario amare il propio lavoro per desiderare di non perderlo.”
Chi è estraneo al sex work tende a vedere come tema centrale del dibattito il sesso, ma il testo spiega in maniera illuminante ed esaustiva come invece il punto nodale della questione sia il lavoro.
Attraverso questa lente il sex work viene collocato all’interno di un contesto socio-economico più ampio, che include nel discorso non solo i diritti delle/dei sex workers, ma anche temi apparentemente più lontani come la gestione del potere statale tramite la polizia e istituzioni affini, l’invenzione dei confini e la criminalizzazione di un certo tipo di immigrazione, il lavoro di cura in una società capitalista e patriarcale, le politiche sull’abitare.
Nella nostra società il lavoro è costantemente proposto come qualcosa di talmente gratificante che dovremmo essere desiderosi di svolgerlo anche gratis, ma in realtà la maggior parte di noi affronta o ha affrontato situazioni lavorative ingiuste e non sarebbe di certo disposta a impiegare il proprio tempo senza una contropartita economica.
“Il lavoro più degradante che abbia mai fatto, dove mi sono sentita più sfruttata, è stato in fabbrica.”
Uno dei meriti di questo testo è far comprendere che il sex work non è un qualcosa di totalmente alieno, con cui vengono in contatto solo le persone “deviate”, ma che al contrario è parte integrante di un sistema patriarcale e capitalista di oppressione che riguarda tutt* noi e che tutt* possiamo contribuire a migliorare.
Insieme a Mauro Muscio della Libreria Antigone, co-organizzatore della serata, ne parliamo con Ombre Rosse, collettivo femminista di sex workers e (altre/i) attiviste/i, autrice della postfazione all’edizione italiana.
“Prostitute in rivolta. La lotta per i diritti delle sex worker” Molly Smith & Juno Mac, ed Tamu, 2022
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